Migliaia di persone furono assassinate e altrettante sequestrate e imprigionate in centri clandestini di detenzione dove venivano torturare e spesso uccise. Il termine utilizzato dai militari per giustificare la scomparsa delle persone fu quello di“desaparecidos”. I familiari di queste persone, quando non venivano a loro volta sequestrati, non ricevano nessun tipo di informazione e rimanevano nella totale incertezza sul destino dei loro cari. E’ da queste terribili e angosciose situazioni che le madri delle persone scomparse iniziarono nell’aprile del 1977 a incontrarsi nella Plaza de Mayo, di fronte alla Casa Rosada, sede del governo, per chiedere informazioni. Le riunioni in luogo pubblico erano proibite dal regime militare e per questo le madri s’incontravano camminando in circolo e per riconoscersi utilizzavano un fazzoletto bianco in testa, che originariamente fu un pannolino per bambini di stoffa, e il gruppo naturalmente si chiamò Madri della piazza di Maggio.
Nonostante che dalla fine della dittatura la politica del governo è stata basata sul compromesso e la copertura dei fatti e delle responsabilità a discapito della verità e della giustizia, con il tempo, le madri hanno avuto in parte notizie sulla sorte dei loro figli, si sono incontrate fosse comuni, è stata istituita una banca dati di DNA per riconoscere i resti e rintracciare i figli dei detenuti nei centri clandestini; alcune delle persone coinvolte si pentirono e si auto-denunciarono. Con la legge del “punto finale” e di “obbedienza dovuta”, il governo sancì la colpevolezza di solo pochi responsabili e la impunità delle persone coinvolte nei crimini, inoltre offrì un risarcimento per le vittime della dittatura. Questa politica creò una frattura nel movimento delle madri, che si divise tra la Linea Fundadora, capeggiata da Nora Cortinas e la Associazione delle Madri di Plaza de Mayo, capeggiata da Hebe Bonafini. A questi gruppi si aggiungono quello delle “Abuelas” Nonne di Plaza de Mayo, con la loro presidente Estela Parlotto; e Hijos, associazione dei figli dei desaparecidos.
Sono passati molti anni e le madri continuano a riunirsi ogni giovedì nella Plaza de Mayo alle 15.30. Dall’inizio degli anni 2000 il tema dei Diritti Umani è finalmente un tema di dibattito aperto e sorgono nuove iniziative. Le madri reclamano su temi di giustizia sociale, occupazione, contro la povertà e la fame, contro le politiche del Fondo Monetario etc.; rivendicano così i valori rivoluzionari e di giustizia sociale dei propri figli. Esistono molte altre associazioni per la difesa dei diritti umani come la “Lega Argentina per i Diritti Umani, la Assemblea Permanente dei Diritti Umani, la Commissione di famigliari di detenuti e Scomparsi per ragioni politiche, etc. In particolare ricordiamo “Le Nonne di Plaza de Mayo”, che hanno come obiettivo rintracciare i loro nipoti, nati durante la prigionia dei loro figli e in generale dati in adozione alle famiglie più coinvolte con le azioni militari. Al giorno d’oggi si sono incontrati più di 70 ragazzi. Infine ricordiamo il gruppo “JIHOS (Figli) per la identità e la giustizia, contro l’oblio e il silenzio” che raggruppa i figli delle persone scomparse e si muove a livello internazionale. Questo gruppo organizza manifestazioni chiamate “escraches” di fronte alla casa di persone notoriamente coinvolte durante gli anni della dittatura.
Ricardo Aguilar, una persona che da anni segue e sostiene la Associazione delle “Madri di Plaza de Mayo” ci accompagna alla riunione del giovedì e a visitare la loro sede e la Università delle Madri creata dalla stessa associazione. Durante questa visita una delle frasi più forti di quanto ci racconta è l’idea di “socializzare la maternità”, una posizione che è in aperto contrasto con la tendenza alla privatizzazione e all’individualismo trionfante.
Riportiamo i pensieri di Alessio, studente del Liceo Classico di Sanremo che ha viaggiato con noi nel giugno 2004.
“Ricardo, professore in un istituto superiore nella pericolosa periferia di Buenos Aires, arriva un po’ in ritardo causa la lentezza del treno. Grazie alla sua voce calda e raschiante quando borbotta, centra in pieno la chiave con cui descrivere la vita del suo paese: un grande vortice appassionante in cui la borghesia ricca accompagna la dittatura, le lotte del popolo generano amori, dove il dolore impregna le famiglie, e la passione prevale sulla repressione… Rimango entusiasta di Ricardo perchè soprattutto grazie a lui ho potuto notare come gli occhi degli argentini siano testimoni di quanto abbiano visto, e gelosamente ne custodiscano il ricordo, senza poter nascondere nulla. E infatti è proprio dagli occhi che sgorgano i sentimenti più disparati che fanno agire di conseguenza la persona: continuano le lotte, si diffonde la criminalità, ci si rende complici della corruzione. Ma sempre potranno cadere quelle lacrime di gioia o di paura che scandiranno imperterrite la vita di questo paese.”
Alle madri di Plaza de Mayo
L’incedere lento nella memoria
Percuote lo spirito di muta tristezza
E orgogliose di mostrare il fazzoletto
bianco
Cantano giustizia con i loro occhi,
stanchi.
Tra le rughe che accolsero profonde
lacrime
C`è un passato da rivendicare
C`è un presente per lottare
C`è un futuro in cui morire
Ma mai, giurano mai,
perderanno la forza
di chiamarsi così semplicemente
“companeros”